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Telemedicina e Intelligenza Artificiale, un business da 12 miliardi di euro

Con una crescita prevista in doppia cifra per i prossimi 5 anni questo nuovo modello sanitario necessita di nuovi modelli organizzativi, tra cui il ruolo chiave dei clinici nella sanità digitale

L'innovazione nella Sanità


“La telemedicina e l’intelligenza artificiale non sono prodotti da comprare, sono servizi da integrare. E oggi è il momento di decidere se vogliamo governare questa innovazione oppure subirla”. È questo il messaggio lanciato da Mattia Perroni, founder di Medicilio (azienda pioniera dell’healthcare delivery
) in apertura dell’evento Link 2025 – AI e Telemedicina, tenutosi oggi a Milano all'interno del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia ospitato da Cisco. La telemedicina infatti è ormai centrale per la gestione di cronicità, dimissioni protette e assistenza domiciliare. Secondo i dati presentati questa mattina, il mercato italiano della telemedicina potrebbe superare i 12 miliardi di euro entro il 2030, con una crescita annua del 36%. Nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), l’Italia ha stanziato circa 15,6 miliardi di euro per la Missione Salute, destinando circa 1 miliardo specificamente allo sviluppo della telemedicina e alla digitalizzazione dei servizi sanitari (Fonte: Pnrr, Agenas e Senato).

Serve un modello organizzativo chiaro, con responsabilità, protocolli condivisi e una visione strategica. È essenziale inoltre coinvolgere la direzione generale, sanitaria, amministrativa e il risk management, insieme ai dipartimenti clinici, con documenti di sintesi e percorsi validati. “Oggi c’è un’opportunità unica: possiamo guidare l’innovazione, oppure farci travolgere da soluzioni calate dall’alto”, puntualizza Perroni. L’evento, pensato come vademecum pratico per i professionisti della governance sanitaria, ha messo a fuoco proprio le condizioni organizzative minime necessarie per integrare davvero le tecnologie digitali nella sanità territoriale.

“Vedo un’enorme opportunità nel monitoraggio domiciliare dei pazienti dimessi, soprattutto quelli chirurgici,” ha aggiunto la dottoressa Francesca Giacomazzi, responsabile del reparto Solvenza, presso l’ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio/ Responsabile dell’Area Cardiovascolare del reparto solventi dell’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio. Il sistema di telemonitoraggio, lungi dall'essere un ostacolo, viene accolto con favore dal corpo medico. "Per me è molto positivo", commenta la dottoressa. "Oggi il contatto con tanti pazienti avviene spesso via Whatsapp, con messaggi continui sui parametri. Quindi questo sistema rappresenta soltanto una formalizzazione e un'evoluzione: permette di definire quali parametri monitorare in base alla patologia: uno scompensato avrà esigenze diverse rispetto a un paziente post-operatorio".

Infine, secondo Ettore Turra, Esperto in strategie per l'innovazione e la digitalizzazione in sanità, l’adozione della telemedicina è ancora frammentata: “Le innovazioni digitali non vengono dispiegate su tutti i potenziali beneficiari. Manca l’integrazione nella pratica clinica quotidiana.” Per superare questo divario, servono strategie chiare e misurabili. Il coinvolgimento degli stakeholder, in particolare dei clinici, è cruciale. Figure come i Chief Medical Information Officer o i Chief Nurse Information Officer, seppur poco codificate in Italia, possono diventare fondamentali nel co-disegno dei percorsi e dei processi”.

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