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Due su tre prevedono di perdere competitività se non integrano la sostenibilità nel modello di business. Un’indagine approfondisce la ricerca di percorsi alternativi sia ai negazionismi sia alla rigidità normativa
Per le aziende italiane esiste una “terza via” della sostenibilità ambientale, diversa sia dalla negazione del problema - atteggiamento di nuovo in crescita dopo il ritorno al potere di Trump negli USA - sia dall’approccio dell’Unione Europea, molto dirigistico ma anche incerto nell’evoluzione normativa (vedi il pacchetto Omnibus per il reporting di sostenibilità).
È la tesi di una indagine presentata ieri come primo atto pubblico di iSustainability, nuova società costituita nel gruppo Digital360. “Oggi i percorsi di sostenibilità sono soggetti a molti tipi di tensioni, e non sono per nulla facili”, ha detto Alessandro Perego, Pro-rettore del Politecnico di Milano per lo sviluppo sostenibile, introducendo il convegno di presentazione della ricerca. “Dobbiamo essere onesti: il dilemma tra sostenibilità e competività esiste, e il concetto di “terza via” è molto appropriato: occorre muoversi con creatività e innovazione, con un percorso non lineare”.
"Questa ricerca è il naturale proseguimento di un percorso di riflessione sui trend di sviluppo sostenibile che ho avviato negli ultimi 20 anni nel mio percorso professionale nelle società di consulenza RGA ed EY”, ha spiegato Riccardo Giovannini, fondatore e CEO di iSustainability (nella foto). L’obiettivo è analizzare appunto se esista una terza via che permetta di integrare la sostenibilità nei modelli di business”.
L’indagine ha coinvolto un campione di 103 aziende di 10 settori, suddivise in 3 fasce (sotto 150 milioni di fatturato, tra 150 e 500, oltre 500 milioni), a cui è stato sottoposto un questionario in 4 sezioni: sostenibilità (integrazione degli obiettivi ESG nei processi), digitale (ruolo delle tecnologie nella transizione verso modelli più responsabili), cambiamento culturale (evoluzione di management, competenze e comportamenti), e futuro (visione delle prospettive sulla sostenibilità e delle possibili azioni).
Uno dei principali responsi è che la sostenibilità è percepita più come elemento di competitività che di mera conformità alle normative. Il 25% la vede principalmente come leva di competitività, il 56% come un tema sia di competitività sia di compliance, e solo una quota marginale (circa 1%) percepisce la sostenibilità come un’incombenza di sola compliance.
Fonte: iSustainability, La terza via della sostenibilità, 2025
Altri elementi positivi: per l’89% delle aziende italiane esiste una connessione forte o significativa tra modello di business e strategie di sostenibilità. Nell’80% l’approccio prevalente è l’integrazione della sostenibilità nel modello di business, e solo il 20% la considera ancora come iniziativa separata dal business core. “Tuttavia”, sottolinea Giovannini, “rimane un gap significativo tra consapevolezza e capacità d’azione sugli impatti rilevanti”.
Interessante anche l’atteggiamento verso il reporting di sostenibilità: il 20% lo vede soprattutto come strumento strategico, il 19% lo considera un’incombenza obbligata di rendicontazione, e il 53% ne ha una visione equilibrata tra i due estremi.
Fonte: iSustainability, La terza via della sostenibilità, 2025
Come accennato, il ruolo delle tecnologie digitali per la sostenibilità è un altro dei temi principali dell’indagine. Mentre la gran parte delle imprese italiane (84%) vede il digitale come leva abilitante per modelli di business sostenibili, il 54% si dichiara poco o per nulla consapevole degli impatti ambientali delle piattaforme digitali. “Vista la crescente rilevanza del tema, emerge l’urgenza di colmare questo divario”, ha commentato Giovannini.
Altra leva abilitante è la cultura aziendale: l’85% delle aziende riconosce che il cambiamento culturale è un fattore chiave per l’integrazione della sostenibilità nel business.
“Una piacevole sorpresa è la consapevolezza, maggiore del previsto, dell’importanza strategica della sostenibilità: il 67% prevede una perdita di competitività entro 5 anni se non la si integra nel modello di business, e la maggioranza mostra un alto grado di sensibilità sul tema”, spiega Giovannini.
“Le risposte mostrano una buona lucidità anche sulle priorità d'azione: il settore Food & Beverage punta sul ripensamento del modello di business, il settore Luxury sull’impatto ambientale e sociale, le PMI sulla necessità di attivare partner e stakeholder in ottica sostenibile”.
Fonte: iSustainability, La terza via della sostenibilità, 2025
Infine un accenno alle principali motivazioni e ostacoli all’effettiva integrazione nella sostenibità nel business. Le motivazioni più citate sono reputazione e posizionamento, risposta alle normative, richiesta del mercato e dei clienti. Gli ostacoli principali percepiti sono fattori culturali e organizzativi, economici e di risorse, competenze e know-how.
I risultati dell’indagine, conclude Giovannini, confermano per le imprese italiane la necessità di una terza via della sostenibilità fondata sull’evoluzione volontaria e strategica dei modelli di business.
“La maggior parte delle aziende ha maturato una chiara consapevolezza delle sfide ambientali e sociali, e ha compreso che l’integrazione della sostenibilità nel modello di business è un’opportunità concreta per migliorare la propria competitività. D’altra parte la sostenibilità non è ancora sistemicamente integrata: le aziende segnalano necessità di accompagnamento e semplificazione. Occorre ancora un cambio culturale, investimenti concreti e collaborazioni sistemiche lungo tutta la catena del valore”.
Le città “full digital” sono Bergamo, Bologna, Brescia, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Modena, Parma, Prato, Rimini, Roma Capitale, Siena, Torino, Trento e Venezia.
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