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Quanto è importante una corretta diagnosi? Gli errori diagnostici portano alla disabilità permanente o alla morte di circa 800.000 americani ogni anno, secondo le stime di uno studio pubblicato di recente su BMJ Journals. Fortunatamente in soccorso arrivano le nuove tecnologie: confrontando le performance di 20 medici internisti esperti con quelle di un Large Language Model (LLM), è emerso che la tecnologia ha ottenuto un'accuratezza diagnostica quasi due volte superiore.
Lo scorso 7 aprile si è celebrata la Giornata Mondiale della Salute, istituita dall’OMS nel 1950 con l’obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica su questioni cruciali legate alla salute, promuovere la prevenzione delle malattie e incoraggiare azioni volte a migliorare il benessere delle persone in tutto il mondo. A questo proposito, un tema forse poco esplorato è l’importanza della diagnosi: secondo uno studio pubblicato di recente sul British Medical Journal e ripreso sulla rivista scientifica Science, sono circa 800.000 gli americani che ogni anno muoiono o vanno incontro ad una disabilità permanente a causa di errori diagnostici.
Si comprende bene, quindi, l’importanza di una corretta diagnosi, che può rivelarsi decisiva. Un altro studio condotto su quasi 2.500 cartelle cliniche e pubblicato sulla rivista scientifica JAMA Internal Medicine ha rilevato una diagnosi mancata o ritardata nel 23% dei casi, mentre il 17% di questi errori hanno causato danni temporanei o permanenti ai pazienti. In questo caso i problemi principali nel processo diagnostico, che hanno avuto un impatto significativo sugli errori e potrebbero essere obiettivi prioritari per migliorare l’accuratezza, includono errori nei test diagnostici e nella valutazione clinica. Una situazione che non sembra essere mutata molto negli anni: infatti, già in un report elaborato dalla National Academies of Sciences, Engineering and Medicine nel 2015 si stimava che ogni anno il 5% degli adulti sperimentava almeno un errore diagnostico e che la maggior parte delle persone avrebbe ricevuto perlomeno una diagnosi errata nella propria vita.
Ecco che quindi la tecnologia risulta essere di grande aiuto: “l’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando l’assistenza sanitaria, migliorando le metodologie di diagnosi e trattamento e consentendo di migliorare la precisione e la tempestività delle diagnosi e conseguentemente la qualità di vita dei pazienti” ha commentato Marzio Ghezzi, CEO di Mia-Care, azienda specializzata nella creazione di piattaforme cloud-native e applicazioni digitali nell’ambito del digital health.
La migliore accuratezza diagnostica dell’Intelligenza Artificiale è ormai sotto gli occhi di tutti: sempre su Science si legge di uno studio condotto al fine d’identificare diverse diagnosi per oltre 300 casi clinici molto complessi che rappresentavano sfide diagnostiche e terapeutiche particolari: ebbene, confrontando le performance di 20 medici internisti esperti, con circa 9 anni d’esperienza, con quelle di un Large Language Model (LLM), quest’ultimo si è rivelato essere quasi due volte più accurato dei medici nella diagnosi, rispettivamente il 59,1% contro il 33,6%. Inoltre, le performance dei medici hanno mostrato un miglioramento quando è stata utilizzata l’IA nel processo diagnostico. “Questo non vuol dire che l’Intelligenza Artificiale debba essere vista come uno strumento che va a sostituire le competenze umane, ma piuttosto le integra”, continua Ghezzi. Ad esempio, analizzando grandi set di dati provenienti da diverse fonti, come più cartelle cliniche digitali e database di strutture sanitarie, l’IA è in grado d’identificare tendenze e modelli che aiutano i medici nella diagnosi e a volte anche nella prevenzione di malattie. Spesso infatti ricostruire la propria storia sanitaria non è affatto semplice: è possibile che esista un proprio fascicolo sanitario, ma non è detto che sia completo, non fornendo abbastanza dati per fornire una diagnosi completa ed esatta. Da qui nasce l’idea di un Digital Human Twin o gemello digitale, che offre la possibilità d’integrare in un'unica piattaforma digitale l'intera storia clinica dei pazienti, facilitando la condivisione dei dati tra diversi professionisti medici, consentendo di approfondire specifiche problematiche mediche e di mantenere una traccia storica delle condizioni di salute di una persona nel tempo. Inoltre, in questo modo è possibile anche confrontare le storie cliniche di più pazienti al fine d’individuare il trattamento più efficace per patologie simili. È questo, per esempio, il progetto realizzato dal Centro Diagnostico Italiano (CDI): il “Digital Human Twin”, infatti, raccoglie e organizza i dati clinici del paziente provenienti da più fonti in un unico ambiente digitale. “Il nostro Digital Human Twin, abilitato grazie alla tecnologia di Mia-Care, raccoglie e mette in comunicazione tra loro tutte le informazioni disponibili all’interno del CDI, con un’integrazione totale di dati anche molto diversi tra loro come tabelle di numeri, immagini, video, tracciati e referti testuali”, afferma Alessandro Maiocchi, Innovation Hub Director di Centro Diagnostico Italiano e Bracco.
Ma se da un lato la tecnologia sembra venire in nostro soccorso apportando dei miglioramenti significativi in ambito sanitario, dall’altro bisogna pur sempre considerare tutte le problematiche annesse. Ad esempio, addestrare l’Intelligenza Artificiale richiede un'enorme quantità di dati, spesso di qualità insufficiente e soggetti a bias. Inoltre questi spesso contengono informazioni strettamente personali, come accade in ambito sanitario, il che ha aperto un dibattito etico sulla sicurezza dei dati abbastanza rilevante, tanto che anche l’AI Act approvato il 13 marzo di quest’anno dall’UE dedica diversi articoli alla questione. Se è vero però che la tecnologia progredisce, non può non esserci una soluzione al problema: sono i dati sintetici, che, replicando accuratamente le caratteristiche e i comportamenti dei dati reali, ne conservano le informazioni significative, ma allo stesso tempo, essendo generati artificialmente, sono privi di informazioni sensibili, consentendo di processare, esaminare e condividere informazioni in maniera sicura e quindi garantendo la privacy degli individui. “Questa tecnologia facilita e accelera lo scambio di informazioni, consentendo l'applicazione dell'IA in settori di grande rilevanza sociale ed economica, come la ricerca medica e lo sviluppo finanziario”, ha dichiarato Daniele Panfilo, CEO di Aindo, prima startup italiana che ha sviluppato una piattaforma di intelligenza artificiale proprio per la generazione di dati sintetici. “Sicuramente l'utilizzo di tecnologie cloud-native e di soluzioni di Intelligenza Artificiale nel mondo della sanità permetteranno nei prossimi anni di costruire servizi sempre più personalizzati per i pazienti, potenziando l'assistenza sanitaria a distanza e la gestione delle terapie. In questo senso la partnership tecnologica tra Aindo e Mia-Care assicura di apportare benefici all’ecosistema della sanità nel futuro immediato” conclude Ghezzi.
Ludovica Pallotta
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