: "Sovranità dei dati: perché conta davvero" La sovranità secondo Aruba.it
ll 2025 vede un rinnovato slancio delle imprese. Tuttavia, per coprire i circa 100 miliardi di euro che mancano al target 2030 bisognerebbe risparmiare 17 miliardi in più all’anno, con un volume di investimenti quasi 10 volte quello di oggi. Realizzato da E&S con DOXA per la prima volta un sondaggio su un campione di 3.000 individui: il 60% dichiara di conoscere l’economia circolare, di applicarla e di attribuirle grande importanza, ma i dati concreti dicono altro. La sfida è ridurre il divari
Nel 2025 l’impatto stimato dell’economia circolare in Italia si traduce in un risparmio di 18,3 miliardi di euro all’anno, in crescita rispetto al 2024 (16,4 miliardi) ma ancora pari solo al 15% del potenziale, che al 2030 è previsto a 119 miliardi di euro: per coprire i 100 miliardi mancanti ne andrebbero risparmiati altri 17 ogni anno, con un volume di investimenti pari a quasi 10 volte quello di oggi. Anche sotto il profilo ambientale, l’adozione di pratiche circolari potrebbe portare entro il 2030 a una riduzione annua di circa 2,6 MtCO₂eq (milioni di tonnellate di CO₂ equivalente) ma si tratta sempre del 15% di quanto risparmieremmo se sfruttassimo appieno il nostro potenziale.
Tuttavia, il bicchiere va guardato mezzo pieno. Secondo il Circular Economy Report 2025 di Energy&Strategy - POLIMI School of Management, presentato a Rimini a Ecomondo 2025, dopo il rallentamento nell’adozione di pratiche di economia circolare che nello scorso biennio ha caratterizzato le nostre imprese, frutto anche di “aggiustamenti” nelle politiche italiane ed europee, il 2025 ha segnato un sostanziale rasserenamento del quadro complessivo e un rinnovato slancio verso la circolarità.
Stando a un’indagine su un campione rappresentativo di 320 imprese in 10 settori produttivi il grado di maturità media nell’adozione dell’economia circolare è di 3,1 su 5, mentre nel 2024 era di 2,2. Infatti, nell’ultimo biennio si è assistito a un consolidamento delle pratiche circolari (il 49% è di attuazione recente) e alla crescita delle aziende intenzionate a introdurle (dal 24% al 34% in un anno), così come sono in progressivo aumento gli investimenti.
“L’auspicio è che, dopo la frenata del 2023 e 2024 e nonostante il ‘burrascoso’ periodo di passaggio dalla vecchia alla nuova Commissione Europea e dal vecchio al nuovo Governo italiano, quest’anno possa davvero segnare la ripartenza del settore e inneschi quel circolo virtuoso che tanti operatori attendono” commenta Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy&Strategy - Politecnico di Milano e responsabile del Report.
“Nonostante il parziale cambio di rotta imposto dal Clean Industrial Deal, che nel post Green Deal affianca al percorso di decarbonizzazione la più stringente tutela della competitività dell’industria europea - aggiunge Vittorio Chiesa, direttore di E&S -, il riconoscimento del ruolo dell’economia circolare per il raggiungimento dei target al 2030 e al 2050 non risulta compromesso. Anzi, le recenti evoluzioni normative indicano un rinnovato interesse”.
Anche in Italia lo stato di attuazione del Cronoprogramma della Strategia italiana sull’Economia Circolare è stato integrato con nuovi target e aggiornato nelle tempistiche, in particolare per i criteri ambientali minimi, e prosegue la realizzazione dei Progetti Faro di Economia Circolare con 600 milioni di euro a disposizione, di cui oltre 400 già allocati.
Ma se le aziende stanno cominciando a prendere coscienza dei benefici della circolarità, i consumatori finali che grado di consapevolezza hanno? Per la prima volta è stato realizzato da E&S con DOXA un sondaggio su circa 3.000 individui, calibrati per genere, età e distribuzione territoriale. Il 60% dei rispondenti dichiara di conoscere l’economia circolare (solo il 7% non ne ha mai sentito parlare), di applicarla nella quotidianità e di attribuirle un’importanza pari a 4,2 su 5: questo vale, a sorpresa, soprattutto per la fascia più anziana, tra i 65 e i 75 anni, mentre tra i ragazzi di 18-24 anni la percentuale di chi la considera estremamente importante scende al 39%.
Quando però si va a sondare chi effettivamente metta in pratica comportamenti circolari, la situazione si capovolge: sono i giovani tra i 18 e i 34 anni quelli più inclini a sperimentare nuove forme di utilizzo come sharing (8%), noleggio (6-7%), acquisto di usato o ricondizionato (fino al 18%), anche se la motivazione resta perlopiù economica, mentre la preferenza per il prodotto nuovo cresce con l’età, raggiungendo quasi il 60% tra i 55-75 anni.
Vi è dunque un notevole scollamento tra il dichiarato e l’agito: l’acquisto di nuovo è ancora la scelta prevalente in quasi tutte le categorie, soprattutto per i grandi elettrodomestici (70%), i piccoli elettrodomestici (61%) e l’arredamento (57%). Tuttavia, nei prodotti tecnologici il ricondizionato raggiunge il 26% e nel settore auto e moto l’usato è pari al nuovo (36-37%).
Inoltre, solo 1 cittadino su 4 si sente pienamente responsabile dell’impatto dei propri acquisti e la fiducia media nelle aziende che dicono di attuare pratiche circolari si attesta a 3,3 su 5, confermando che trasparenza e comunicazione dei benefici rappresentano condizioni essenziali per proseguire nel percorso verso la circolarità.
“La sfida futura sarà ridurre il divario tra percezione e azione - spiega Chiaroni - rendendo la circolarità un elemento integrato e riconoscibile nelle scelte quotidiane dei consumatori. Allo stesso tempo, servono strategie educative, incentivi fiscali, garanzie di qualità e campagne mirate per rafforzare la fiducia nei prodotti ricondizionati e promuovere una cultura della sostenibilità. Attualmente, quasi la metà dei cittadini (46%) utilizza modalità circolari come usato, ricondizionato, noleggio o sharing: questi comportamenti vanno favoriti perché possono generare un effetto positivo a livello settoriale, contribuendo a costruire un ecosistema in cui le pratiche circolari siano sempre più diffuse e integrate lungo l’intera filiera produttiva”.
L’indagine evidenzia anche una limitata conoscenza dei risultati positivi dell’Italia nel panorama di economia circolare: infatti, mentre se si parla dei primati del nostro Paese in ambito industriale e culturale, come la massiccia presenza di siti Unesco, nessuno si sorprende, le affermazioni sull’economia circolare e sulla sostenibilità sono accolte con scetticismo. Solo il 20% degli intervistati sa che l’Italia è prima in Europa per il riciclo dei rifiuti e quasi il doppio non lo ritiene credibile; appena il 17% conosce il nostro ottimoposizionamento, certificato a livello di Commissione Europea, nell’economia circolare globale e il 47% la ritiene credibile, mentre il 35% no. Rigeneriamo il 98% degli oli minerali usati, lo sa meno di 1 rispondente su 6, il 48% ci crede e il 35% no.
Questa percezione si riflette anche nella comprensione limitata del concetto di circolarità che viene spesso ridotta solo al riciclo dei materiali (22% degli intervistati) e al recupero energetico, oppure al riutilizzo di oggetti e materiali (20%). Solo pochi fanno riferimento a pratiche più sistemiche come riparazione, riprogettazione e condivisione.
Il livello di transizione nell’economia circolare, trend 2023-25: la survey
Come anticipato, E&S ha condotto una survey sullo stato dell’economia circolare in Italia, intervistando un campione rappresentativo di 320 imprese appartenenti a dieci settori produttivi: il grado di maturità media nell’adozione di pratiche circolari è passato da 2,2 nel 2024 (2,1 nel 2023) a 3,1 su 5 nel 2025.
Anche la misurazione delle performance circolari si sta diffondendo in modo significativo, suggerendo una maggiore consapevolezza, pur favorita dalla nuova normativa: se nel 2024 solo l’8% delle imprese monitorava la propria circolarità, nel 2025 la quota sale al 30%, con un ulteriore 37% che prevede di introdurre strumenti di valutazione nei prossimi anni (era il 4%). L’adozione di standard internazionali e della norma UNI/TS 11820 si sta consolidando, sebbene con tempistiche diverse a seconda della dimensione aziendale.
La transizione verso modelli circolari si accompagna a un progressivo aumento degli investimenti. Infatti, se tra le imprese che hanno sostenuto spese dedicate la maggior parte ha destinato un budget contenuto o intermedio, la percentuale che si colloca tra i 50.000 e i 150.000 euro è passata dal 20% del 2024 all’attuale 43%, mentre al contrario chi si è mantenuto al di sotto della soglia dei 50.000 euro è sceso da quasi la metà al 33%. Solo il 16% ha investito tra 150.000 e 250.000 euro, appena l’8% ha superato i 250.000 euro.
Questi dati suggeriscono che gli investimenti di larga scala sono ancora rari, limitati a imprese di grandi dimensioni o a settori particolarmente capital-intensive. La maggior parte del tessuto produttivo sembra affrontare la transizione circolare con approcci incrementali, preferendo introdurre gradualmente le pratiche per valutarne l’efficacia e ridurre i rischi.
Il ciclo biologico dell’economia circolare e la nascita di nuove imprese legate alla circolarità
Il Circular Economy Report 2025 contiene altri due nuovi approfondimenti, sul cosiddetto ciclo “biologico” dell’economia circolare e sulla nascita di nuove imprese legate alla circolarità.
La bioeconomia svolge un ruolo cruciale in settori chiave come l’agroalimentare, la silvicoltura e la bioindustria e l’Italia sta promuovendo politiche e strategie per favorirne lo sviluppo, come la Strategia Italiana per la Bioeconomia e il Piano di Implementazione 2025-2027. In questo ambito, la bonifica e la rigenerazione dei suoli sono fondamentali per il recupero dei terreni contaminati, mentre l’adozione di tecnologie avanzate potrebbe offrire soluzioni economiche e sostenibili per il loro ripristino.
Il numero totale di siti oggetto di bonifica in Italia ammonta a 36.814, distribuiti in modo eterogeneo su tutto il territorio nazionale, con in testa Lombardia (11.476 procedimenti), Toscana (4.779), Campania (3.772) e Veneto (3.009). Le bonifiche in corso sono 17.340, di cui circa il 60% ancora nella fase iniziale di attivazione e solo il 18% già in quella operativa, con azioni concrete o di messa in sicurezza. Si tratta quindi di un percorso ancora lungo, ma con un elevato potenziale.
Parallelamente, va segnalato lo sviluppo dell’industria che si occupa della valorizzazione della biomassa: oltre alle applicazioni energetiche, è in grande crescita anche in Italia il comparto delle bioraffinerie, che trasformano la biomassa in sostanze chimiche e materiali biobased, tra cui polimeri, cosmetici e farmaceutici.
Una parte del Report è infine dedicata alle startup attive nel mondo dell’economia circolare in Italia: ne sono state mappate nel 2025 circa 150, distribuite in maniera disomogenea e fortemente concentrata nel Centro-Nord. La Lombardia da sola ne ospita oltre il 30%, seguono Emilia-Romagna (11%), Piemonte (10%), Veneto e Puglia (7% entrambe).
Si tratta di strutture snelle, con un’alta variabilità dei risultati economici: circa la metà opera ancora senza dipendenti diretti (44% nel ciclo tecnico, 61% nel ciclo biologico), avvalendosi di collaborazioni con liberi professionisti o consulenti esterni che contribuiscono in modo significativo allo sviluppo delle attività, mentre più del 30% è organizzata in piccoli team, che tuttavia non coinvolgono più di cinque dipendenti (34% nel ciclo tecnico, 32% nel ciclo biologico).
Anche sul piano dei ricavi emerge una marcata eterogeneità:ben l’82% è ancora in fase di avviamento, con un fatturato nullo o trascurabile, mentre appena il 18% ha raggiunto una capacità di generare valore economico superiore ai 200.000 euro, soglia che coincide con il valore medio della produzione per impresa. Complessivamente, le startup del ciclo tecnico hanno ottenuto tra il 2020 e il 2025 più di 15 milioni di euro di finanziamenti dichiarati, al contrario di quelle del ciclo biologico che non superano i 2 milioni.
Il venture capital emerge come la fonte di finanziamento dominante (95% nel ciclo tecnico), mentre la presenza di equity crowdfunding e debt funding resta marginale. Forse è ancora poco per parlare di un vero e proprio ecosistema dell’innovazione circolare in Italia, ma di certo sono segnali di crescente interesse.
In questo articolo abbiamo parlato di: Bioeconomia, Economia Circolare, Efficienza energetica, Investimenti sostenibili, Riciclo, Rifiuti, Sostenibilità,
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10-11-2025
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Dallo studio emerge con chiarezza come una rete di raccolta più capillare, visibile e integrata nei luoghi di vita quotidiana sia la leva decisiva per favorire corretto conferimento e ridurre l’errato smaltimento. Il tema è stato al centro del confronto tra rappresentanti della filiera, che si sono riuniti nel corso dell’incontro “La raccolta delle batterie tra nuove strategie e scenari europei”.
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Inaugurato al CINECA di Casalecchio di Reno (Bologna) “PITAGORA”, il nuovo supercomputer finanziato da EUROfusion e gestito in collaborazione con ENEA, alla presenza del Ministro Bernini e del Ministro Pichetto Fratin.
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In occasione di Ecomondo 2025, la startup Etrash svela MIDA, la nuova generazione di cestini intelligenti che automatizza la raccolta differenziata grazie all'Intelligenza Artificiale.