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Un team di ricercatori ENEA, Fondazione Edmund Mach e Università Roma Tor Vergata lavora a soluzioni tecnologiche avanzate per il riciclo efficiente e sostenibile delle risorse e la riduzione dell’impatto delle radiazioni cosmiche, a supporto della vita dell’uomo nelle missioni spaziali di lunga durata.
Il prossimo obiettivo del programma di esplorazione dell’uomo nello Spazio prevede la presenza umana a lungo termine oltre la bassa orbita terrestre. Le missioni spaziali di lunga durata, essendo al di fuori della protezione del campo magnetico terrestre, espongono l’uomo a condizioni estreme, tra cui: gravità alterata, isolamento prolungato ma anche radiazioni cosmiche e solari che possono compromettere la salute fisica e psicologica degli astronauti, nonché la funzionalità e resilienza dei sistemi biorigenerativi.
“Lo sviluppo di soluzioni innovative per sostenere la vita umana durante le missioni spaziali di lunga durata sulla Luna e, in prospettiva, su Marte, è un pilastro fondamentale della visione strategica dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI)” dichiara Barbara Negri, Responsabile dell’Ufficio Volo Umano e Sperimentazione dell’ASI. “Con il progetto BIOMIRATE (BIOrigenerativi: MItigazione del rischio da RAdiazioni mediante TEcnologie molecolari), coordinato dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata in collaborazione con l’ENEA e la Fondazione Edmund Mach, l’ASI vuole porre le basi per la realizzazione di un modello di esplorazione spaziale sostenibile, autonoma e sicura, identificando le contromisure necessarie a proteggere gli astronauti in ambienti estremamente ostili”.
Lo scopo di BIOMIRATE è infatti quello di individuare strategie per la mitigazione dei rischi da esposizione a radiazioni ionizzanti, al fine di garantire la sopravvivenza e la funzionalità degli organismi coinvolti nei sistemi biorigenerativi, anche nelle condizioni estreme imposte dall’ambiente spaziale. Attraverso studi di genomica e trascrittomica su cianobatteri radioresistenti, e grazie all’impiego di tecniche di ingegneria metabolica e biologia sintetica, il progetto mira a creare un ideotipo di lattuga biofortificato. Questa pianta sarà in grado di produrre antiossidanti naturali e proteine protettive del DNA, con un duplice scopo di ottenere varietà vegetali capaci di sopravvivere e restare produttive nello spazio e fornire un alimento funzionale per tutelare la salute degli astronauti. L’effetto radioprotettivo e l’efficacia dell’alimentazione funzionale di questo superfood saranno valutati tramite simulazioni e sperimentalmente sulle larve della mosca soldato (Hermetia illucens). Questi insetti, oltre a essere in grado di trasformare i rifiuti organici in substrati utili per la coltivazione, rappresentano anche una promettente fonte alternativa di proteine animali. Il loro impiego potrebbe contribuire a integrare la dieta degli astronauti, aiutando a contrastare lo stress ossidativo e apportando benefici sia dal punto di vista nutrizionale che del benessere psicologico.
Inoltre, una collezione di cianobatteri radioresistenti verrà investigata per i meccanismi di riparo del DNA attraverso analisi molecolari avanzate. “Analizzare la risposta di questi microrganismi alla radiazione ionizzante ci permetterà di individuare nuovi meccanismi di difesa", commenta Daniela Billi, professoressa associata presso il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e coordinatrice del progetto. "Particolare attenzione verrà rivolta all’identificazione di proteine che proteggono il DNA nei cianobatteri estremofili, con l’obiettivo di trasferire questa proprietà radioprotettiva a organismi d’interesse per lo sviluppo di sistemi biorigenerativi per lo spazio”.
“La nostra sfida è garantire la produzione costante di cibo fresco e salutare per gli astronauti, il riciclo dei rifiuti organici generati dai nostri sistemi di produzione e sviluppare soluzioni biotecnologiche che consentano di mitigare i rischi causati dall’esposizione alle radiazioni su piante ed equipaggi durante le missioni”, evidenzia Angiola Desiderio del Laboratorio Agricoltura 4.0 dell’ENEA. “Se riusciremo o meno a stabilire basi durature sul nostro satellite ed oltre, dipenderà molto dalla capacità di resistere a un ambiente ostile e garantire la produttività e la sostenibilità dei futuri habitat spaziali”.
“La ricerca scientifica è la chiave per la sopravvivenza sostenibile dell’uomo nello Spazio profondo”, sottolinea Silvia Massa responsabile del Laboratorio Agricoltura 4.0 dell’ENEA. “L’innovazione che produrremo non solo ci aiuterà ad affrontare le sfide spaziali, ma potrà aprire nuove frontiere anche per il futuro della vita sulla Terra”.
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