Il calcolatore Enea CRESCO è stato utilizzato per condurre simulazioni avanzate con le quali poter predire e comprendere l’impatto delle mutazioni genetiche sulla malattia e individuare i possibili bersagli terapeutici.
Un gruppo di ricercatori ENEA ha realizzato uno studio che mette in evidenza un possibile meccanismo molecolare alla base della malattia di Parkinson, una patologia ancora senza cure specifiche che colpisce i neuroni nel cervello. La ricerca si è avvalsa del supercalcolatore ENEA CRESCO per condurre simulazioni avanzate con le quali poter predire e comprendere l’impatto delle mutazioni genetiche sulla malattia e individuare i possibili bersagli terapeutici.
Lo studio, pubblicato sulla rivista International Journal of Molecular Science, è stato coordinato dalla ricercatrice ENEA Caterina Arcangeli del Laboratorio Biotecnologie RED, affiancata da Barbara Benassi, Massimo Santoro e Claudia Consales (ENEA), Davide Pietrafesa (Università di Roma Tor Vergata), Jessica Rosati e Alessia Casamassa (Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza), Massimo Marano (Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico).
“I risultati che abbiamo ottenuto rappresentano un passo importante nella comprensione dei complessi meccanismi cellulari che sono alla base di molte gravi patologie, tra cui il Parkinson”, spiega Caterina Arcangeli di ENEA. “E tutto questo è stato possibile grazie all’impiego delle biotecnologie computazionali che, insieme all’Intelligenza Artificiale, stanno emergendo come una delle frontiere più promettenti per lo studio e la cura di malattie complesse”.
Al centro dello studio vi è una specifica mutazione genetica di un enzima cruciale per il metabolismo dei lipidi (grassi) nelle cellule. “Si tratta di una mutazione che, attraverso meccanismi non ancora del tutto chiariti, contribuisce a danneggiare le cellule e in particolare quelle del cervello deputate al controllo del movimento. Quando questi neuroni sono danneggiati o muoiono, si sviluppano i sintomi della malattia di Parkinson come tremori, rigidità muscolare e difficoltà nei movimenti”, prosegue Arcangeli.
Per superare le attuali lacune nella conoscenza di questa mutazione genetica, i ricercatori hanno utilizzato simulazioni di dinamica molecolare come “microscopio virtuale” per replicare su scala nanometrica l’ambiente cellulare che sperimenta l’enzima. Grazie a queste simulazioni è stato scoperto che la mutazione genetica altera la struttura dell’enzima, compromettendone la stabilità e le interazioni con altre biomolecole all’interno della cellula.
“Gli approcci computazionali utilizzati sono capaci di riprodurre fedelmente i processi di interazione che avvengono nelle cellule”, sottolinea Arcangeli. “Queste tecnologie non solo migliorano la comprensione dei meccanismi alla base delle patologie, ma si candidano a essere strumenti predittivi. Grazie al potere delle simulazioni al computer, come quelle realizzate in questo studio, sarà possibile approfondire il ruolo di specifiche mutazioni genetiche e progettare approcci terapeutici più efficaci”, conclude la ricercatrice ENEA.
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