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Ivano Saltarelli, Partner Green Horse Legal Advisory, commenta le novità introdotte dal Decreto Energia approvato il 27 novembre in Consiglio dei Ministri.
Il Consiglio dei Ministri di ieri (n.d.r.. 27 novembre) è intervenuto nuovamente in materia di energie rinnovabili e – data la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure strutturali e di semplificazione in materia energetica per la sicurezza e per lo sviluppo dell’energia rinnovabile, così recita l’incipit del provvedimento approvato ieri sera – introduce una serie di misure che hanno l’obbiettivo di rendere l’Italia il punto di riferimento nel Mediterraneo per le rinnovabili (parole del titolare del Dicastero, Pichetto Fratin).
La bozza del DL “Energia” non contiene, come annunciato, la Proroga del mercato tutelato per energia elettrica e gas, che andranno quindi in scadenza come previsto a gennaio 2024 (il 10 – per il gas) e ad aprile 2024 (energia elettrica). Proroghe che non potevano più essere concesse visti gli obblighi assunti dal governo italiano nel rivisto PNRR recentemente approvato. Manca, poi, la proroga delle concessioni idroelettriche, misura che aveva inizialmente fatto “affondare” il DL nel Consiglio dei Ministri di ottobre. Le concessioni vigenti, pertanto, in scadenza il 31 dicembre 2030, dovranno essere messe a gara almeno 5 anni prima della scadenza (tra poco più di un anno quindi). Un duro colpo per i business plan dei concessionari attuali.
Guardando a quello che la nuova misura contiene, emerge l’interesse del Ministero dell’Ambiente per lo sviluppo della filiera dell’eolico off-shore con l’introduzione di un meccanismo per l’individuazione, in due porti del Mezzogiorno, di aree demaniali marittime destinate alla realizzazione di infrastrutture idonee a garantire lo sviluppo degli investimenti del settore della cantieristica navale per la produzione, l’assemblaggio e il varo di piattaforme galleggianti e delle relative infrastrutture elettriche. Nelle aree individuate verranno poi definiti con decreto ministeriale gli interventi infrastrutturali da effettuare.
Una novità passata sottotraccia e che si appresta a divenire una nuova voce di spesa per i produttori di energia rinnovabile, riguarda il contributo che questi ultimi dovranno versare al GSE per incentivare le regioni a ospitare impianti a fonti rinnovabili. Si tratta di un contributo annuo pari a 10mila euro per ogni megawatt di potenza dell’impianto (per impianti > 20kW), per i primi tre anni dalla data di entrata in esercizio.
Tali risorse saranno versate dal GSE all’entrata del bilancio dello Stato per poi essere riassegnate alle Regioni. Tuttavia, le modalità e i criteri di riparto tra le regioni delle risorse del Fondo dovranno essere stabilite con decreto ministeriale, d’intesa con la Conferenza unificata delle Regioni. Il che lascia temere che le Regioni non beneficeranno nell’immediato di questi contributi, svilendo l’obiettivo di incentivare le Regioni medesime ad ospitare impianti. Inoltre, si terrà conto “in via prioritaria, del livello di conseguimento degli obiettivi annui di potenza installata ai sensi dell’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, nonché dell’impatto ambientale e del grado di concentrazione territoriale degli impianti”. Per il solo anno 2024 infine, lo stanziamento avverrà solo tra le regioni che abbiano provveduto con legge all’individuazione delle aree idonee non oltre il termine del 31 dicembre 2024. Questo, senza che il decreto ministeriale cui le regioni dovrebbero attenersi nell’individuazione delle suddette aree idonee sia stato nel frattempo approvato. Ci aspetta un lungo inverno.
In un contesto politico e normativo volatile, le flotte dovrebbero continuare a concentrarsi sull’utilizzo sapiente dei dati, piuttosto che sulla politica, per ottenere vantaggi immediati in termini di efficienza e sostenibilità.
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