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Al via DREAM, progetto del PoliTo per contrastare l’inquinamento acustico negli ecosistemi marini

Il progetto DREAM ha il potenziale non solo di guidare l'innovazione nella scienza –attraverso il controllo delle onde, l’isolamento acustico e l’assorbimento energetico avanzato – ma anche di offrire risposte concrete a sfide sociali cruciali, come la produzione sostenibile di energia, la resilienza delle infrastrutture e la riduzione dell’inquinamento acustico ambientale.

TechWorld

Metamateriali innovativi per contrastare l’inquinamento acustico negli ecosistemi marini e non solo: una soluzione tecnologica promettente per mitigare l’impatto del rumore generato dalle attività umane in ambiente marino è in fase di sviluppo nell’ambito del progetto POSEIDON - Unconventional principles of underwater wave control in the sub-wavelength regime – sostenuto dallo European Research Council tramite un finanziamento di tipo Starting Grant. L’iniziativa si è recentemente ampliata con l’avvio del progetto DREAM – Design of Resilient Engineered Architectured Metamaterials, partito il 18 giugno scorso e finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca-MUR. Grazie a questa iniziativa, i risultati raggiunti in ambito sottomarino saranno estesi anche ad altri settori strategici, come il campo della sismologia, per l’attenuazione delle onde sismiche, e al settore del recupero energetico dal moto ondoso.

Al centro dello studio, condotto al Politecnico di Torino da Marco Miniaci, lo sviluppo di metamateriali meccanici – materiali compositi che presentano proprietà quasi-statiche e dinamiche non convenzionali – che permettono di controllare la deformazione e la propagazione delle onde (elastiche e/o acustiche). L’obiettivo è migliorare le attuali tecnologie per la riduzione dell’inquinamento acustico sottomarino, fenomeno in costante aumento a causa dell’intensificarsi delle attività antropiche in tale ecosistema (si pensi all’installazione di parchi eolici offshore, il recupero di energia dal moto ondoso o l’estrazione di risorse minerarie subacquee).

Le soluzioni attualmente disponibili, infatti, risultano poco efficaci, in particolare alle basse frequenze. Il problema principale risiede nella trasmissione del suono sott’acqua, che presenta lunghezze d’onda cinque volte superiori rispetto a quelle del suono in aria, e al peso del fluido in questione (1000 kg/m3, comparabile a quello dei materiali solidi usati per costruire le barriere). Questi fattori, dunque, richiedono l’impiego di barriere molto spesse e potenzialmente invasive dal punto di vista ambientale.

Ed è proprio qui che entrano in gioco i metamateriali e le loro proprietà non convenzionali. A differenza dei materiali tradizionali, le risposte quasi-statica e dinamica dei metamateriali non dipendono tanto dalla composizione chimica dei materiali stessi, ma dalla struttura geometrica, spesso organizzata in modo regolare e ripetitivo. Questa struttura “intelligente” permette loro, ad esempio, di assorbire vibrazioni, deformarsi in modo controllato, attutire onde acustiche/elastiche, o addirittura comportarsi in modo controintuitivo, come espandersi se sottoposti ad una forza di compressione, oppure flettersi in direzione opposta rispetto alla sollecitazione.

Proprio grazie a queste proprietà avanzate, i metamateriali permettono, quindi, di raggiungere prestazioni quasi-statiche e dinamiche inedite, rendendo possibile, tra le altre cose, la riduzione dello spessore delle barriere fonoisolanti – sia in ambito aereo che sottomarino – per una determinata frequenza. Il progetto mira così a sostituire barriere tradizionali spesse fino ad anche un metro con soluzioni di pochi centimetri, mantenendo comunque livelli di performance comparabili.

Oltre alle applicazioni in ambiente sottomarino, i metamateriali trovano applicazione anche nel controllo delle vibrazioni elastiche, come le onde sismiche. In quest’ottica, il nuovo progetto DREAM si propone di esplorare l’utilizzo di architetture complesse in metamateriali per modularne le proprietà dinamiche, affiancando a queste anche proprietà meccaniche di resilienza. Nello specifico, si introduce qui il concetto di “scudi sismici”, dispositivi in grado di interagire e ridirigere le onde sismiche, con l’obiettivo di replicare il controllo delle onde elastiche su larga scala. Si tratta di strutture concepite per indirizzare le deformazioni del terreno durante i terremoti, favorendo una propagazione “attorno” oppure “attraverso” le fondazioni di un edificio, che in questo modo rimarrebbero protetti.

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