Il futuro dell'auto in Italia passa da 1 milione di auto prodotte nel nostro paese

Al Kilometro Rosso di Bergamo, per la chiusura del Festival Città Impresa, è stata affrontata l'attuale situazione dell'automotive in Italia. Roberto Vavassori, presidente dell’Anfia oltre che Chief Public Affairs Officer e membro del Board di Brembo: "Il milione di veicoli serve per sostenere la filiera. Oggi la Cina è il mercato di riferimento non solo per l'elettrico e se si vuole essere competitivi nei prossimi anni bisogna andare a produrre lì".

Autore: Redazione InnovationCity

“Un milione di auto prodotte in Italia”, questo è stato, lo scorso luglio, quanto ha annunciato il ceo di Stellantis, Carlo Tavares. Ma è un obiettivo possibile da perseguire? E qual è lo stato, oggi, della filiera dell’automotive nel nostro Paese? “Intanto consideriamo che la Cina oggi produce un terzo del mercato mondiale ed è il primo paese per esportazioni, mentre vent’anni fa aveva una percentuale molto bassa. L’Europa nello stesso periodo è scesa da un terzo del mercato al 18-20%”, spiega Roberto Vavassori, presidente dell’Anfia oltre che Chief Public Affairs Officer e membro del Board di Brembo. "Abbiamo un unico costruttore di volume e tantissimi costruttori di nicchia: storicamente l’Italia non è mai stata un grande produttore di auto".

Di questo si è discusso nell’evento di chiusura del Festival Città Impresa di questa mattina al Kilometro Rosso in cui sono intervenuti, dopo i saluti di Alberto Bombassei, presidente emerito di Brembo, il già citato Roberto Vavassori, i presidenti delle Confindustrie delle regioni più industrializzate d’Italia, e dunque Francesco Buzzella per la Lombardia, Enrico Carraro per il Veneto e Luca Rossi, direttore generale di Confindustria Emilia-Romagna.Eppure arrivare al milione di auto, secondo Vavassori, è “un obiettivo da raggiungere per mantenere la sostenibilità della filiera”. E per raggiungerlo è necessario il contributo del governo. “Al ministro Urso abbiamo presentato insieme ad Anfia un percorso fatto di investimenti e ricerca che non si limitino allo stabilimento produttivo, ma che coinvolgano la componentistica diffusa nel territorio per attrarre investimenti e creare una condizione di contorno. Così è nato un protocollo d’intesa che impegna le Regioni dell’automotive, le università, i centri di ricerca, e le imprese per quell’obiettivo”. Ma sarà un milione di veicoli o di vetture? “Intanto parliamo di veicoli”.

La filiera dell’automotive si sta inoltre confrontando con una sfida epocale che rischia di metterla in ginocchio, quella della transizione ecologica. Secondo il presidente di Confindustria Lombardia, Francesco Buzzella, “siamo in un momento di confusione, perché l’Europa ha molte sensibilità all’interno, e fa una cosa che non dovrebbe fare: indicare soluzioni tecnologiche, quando basterebbe dare obiettivi da rispettare”. Per Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto, “stiamo con grandissima difficoltà accompagnando gli imprenditori a ragionare sulle filiere, consolidando le aziende che sono molto efficaci ma ancora troppo piccole. La componentistica basata nella nostra regione guarda soprattutto la Germania, cosa che oggi rappresenta un problema alla luce della crisi sistemica di tutto il complesso industriale”. Lo stesso accade in Emilia-Romagna, come spiega il direttore generale di Confindustria Emilia-Romagna Luca Rossi. “Anche noi abbiamo la Germania come mercato di riferimento per la componentistica”.

La sua riflessione torna poi sul tema della transizione. “Ci occupiamo di politica industriale quando la transizione è già in corsa e non riusciamo mai a fare una strategia di medio-lungo termine. È vero che la transizione offre anche delle opportunità, ma chi sarà in grado di coglierle e dove?” si chiede Rossi. Dall’Italia, precisa Vavassori, “non si esportano componenti in Cina perché i mercati automotive sono regionalizzati nella componentistica, ma globalizzati solo nei veicoli finali. Se si vuol essere competitivi nei prossimi anni bisogna andare a produrre dove c'è mercato e il mercato dell’automotive nei prossimi anni è in Cina”.

Ma come l’Europa può partecipare a questa partita anche se non sarà più il mercato numero uno? “Bisogna frenare la bulimia regolativa europea - commenta Vavassori - Ricordiamo che noi lavoriamo con regole diverse dalla Cina, giochiamo con carte diverse perché loro hanno progettato di ridurre la quota di emissioni di carbonio dieci anni dopo l'Europa. Ciò significa che potranno asfaltare il nostro mercato. La Cina, ricordiamo, è già il primo esportatore di auto, sia elettriche che endotermiche. Non illudiamoci di essere una terra felix, nemmeno la Motor Valley lo è se guardiamo, come dovremmo, al contesto globale”, conclude.

A precedere questo dibattito, è stato il panel "Le città del futuro. I parchi dell'innovazione come strumento di sviluppo territoriale" in cui sono intervenuti Salvatore Majorana, direttore del Kilometro Rosso e vicepresidente globale Iasp, Marco Minicucci di Milano&Partners e PlusValue, e Stefano Soliano, direttore di Como Next e vicepresidente InnovUp.


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