Il 53% delle aziende agricole italiane applica pratiche rigenerative, il 48% sfrutta scarti di processo, acqua riutilizzata e fonti rinnovabili, il 38% valorizza le eccedenze di produzione, una su tre valorizza scarti e biomasse come materie prime.
Autore: Redazione InnovationCity
Il mondo agricolo italiano si trova oggi ad affrontare una molteplicità di sfide economiche, sociali e ambientali: incrementare il reddito per gli agricoltori, rendere il settore più attrattivo, soddisfare una domanda alimentare in crescita e far fronte all’aumento dei costi. E poi, è necessario ridurre le pressioni sul suolo, tutelare le risorse idriche e la biodiversità, adattarsi a condizioni ambientali sempre più estreme e imprevedibili, contrastando le perdite agricole e gli sprechi alimentari. In questo contesto, in Italia, l’adesione alle strategie circolari è già molto alta: il 74% delle aziende agricole (con una forma giuridica più strutturata) adotta almeno una pratica circolare, basata sull’uso sostenibile e rigenerativo delle risorse naturali, per prevenirne l’esaurimento e ridurne lo spreco.
Prime su tutte, ci sono pratiche rigenerative, come agricoltura integrata, conservativa, tutela della biodiversità o mantenimento degli ecosistemi (adottate nel 53% dei casi); poi gli input produttivi circolari, come l’uso di materie prime ricavate da scarti di processo, acqua riutilizzata ed energia da fonti rinnovabili (48%); la valorizzazione delle eccedenze di produzione, inclusi il recupero, la donazione e la ritrasformazione (38%); la valorizzazione degli scarti e delle biomasse come materie prime nell’industria, fertilizzanti agricoli o altre applicazioni (33%). L’adozione di pratiche circolari avviene con modalità differenti a seconda della dimensione aziendale, anche se le distanze sono inferiori rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare: sono presenti nell’82% delle imprese molto grandi, contro il 77% delle grandi, il 76% delle medie e il 73% delle piccole.
Analizzando nello specifico le pratiche di agricoltura rigenerativa, il 45% delle aziende analizzate adotta strategie di agricoltura integrata, il 38% di agricoltura conservativa, il 45% delle aziende agricole adotta strategie di agricoltura integrata, il 38% di agricoltura conservativa, il 20% per la tutela della biodiversità e il 16% realizza attività dirette al mantenimento degli ecosistemi. Nelle pratiche di gestione di eccedenze, residui e scarti della produzione agricola, la maggior parte delle imprese agricole non effettua misurazione dei flussi, ma in modo pragmatico adotta strategie di economia circolare per valorizzarli. In particolare, il 17,5% delle aziende effettua donazioni, il 15,3% vendita diretta e l’11,7% la ri-trasformazione, comune soprattutto tra le realtà di dimensioni più contenute.
Dalla produzione alla distribuzione, nella transizione sostenibile dei sistemi alimentari, una delle strade percorribili è quella dei modelli di filiera corta, che fanno leva sulla prossimità geografica, relazionale e informativa. Oggi i GAS (gruppi di Acquisto Solidale) si configurano come possibile alternativa ai canali distributivi tradizionali: i consumatori li prediligono per la maggiore attenzione ai valori etici e sostenibili, ma la GDO continua a dare maggiori garanzie dal punto di vista del risparmio e facilità d’acquisto. I due modelli possono convivere.
E, al centro del dibattito sulla sostenibilità, c’è il packaging alimentare, visto come uno dei grandi nemici dell’ambiente. Ma è tutt’altro che semplice giudicarne l’impatto ambientale: non si possono, infatti, considerare solo i rifiuti che genera, ma anche le funzioni essenziali di protezione, conservazione, trasporto e comunicazione del cibo, contribuendo anche a ridurre gli sprechi alimentari. Oggi è fondamentale ripensare l’imballaggio dei prodotti alimentari in chiave circolare, tracciabile e sostenibile, conciliando la tutela ambientale, con la riduzione degli sprechi e qualità del prodotto.
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell'Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno “Sostenibilità al plurale: strategie e relazioni per la filiera agroalimentare in trasformazione”.
“Nell’agricoltura italiana, nuovi prodotti come pannelli isolanti realizzati con la pula di riso, cibi ad alto valore nutrizionale processati nel post-raccolta, tecnologie innovative per il recupero energetico e il compostaggio, si affiancano a pratiche agronomiche consolidate, come le lavorazioni senza aratura - spiega Paola Garrone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability - Il filo rosso che collega tutte queste azioni è l’economia circolare: si riusano eccedenze e sottoprodotti, si riciclano e recuperano gli scarti, si tutela e migliora il ‘capitale naturale’. Questo approccio è da sempre alla base del buon funzionamento del sistema agroalimentare, ma oggi l’impiego delle pratiche tradizionali va ottimizzato, studiandole a fondo e integrandole tra loro e con pratiche e strumenti innovativi”.