Secondo i dati elaborati da TEHA, l'agroalimentare svetta come prima filiera produttiva per contributo al PIL nazionale avvicinandosi al 20 percento.
Autore: Redazione InnovationCity
Oggi la filiera agroalimentare, un'ampia entita che include il comparto agricolo, l'industria alimentare e quella delle bevande, la distribuzione e la ristorazione ha superato i 707 miliardi di euro di fatturato complessivo, con un'importante crescita che si attesta a +34% rispetto al 2015 impiegando oltre 5,8 milioni di lavoratori. Secondo i dati elaborati da TEHA, in occasione della 9a edizione del forum Food&Beverage di Bormio, l'agroalimentare svetta come prima filiera produttiva per contributo al PIL nazionale con il 19,8% considerando le attività a monte (come ad esempio la produzione di macchinari o la fornitura di energia) e a valle (come packaging o imballaggio). A fine 2023 il settore ha generato 74 miliardi di euro di valore aggiunto diretto, un risultato che vale 2,5 volte la moda Made in Italy e oltre 5 volte l'industria chimica. L'Italia, inoltre, è anche il terzo tra i maggiori Paesi UE per valore aggiunto dell'agroalimentare, con un'incidenza del 3,9% sul PIL. Il comparto sconta, però, un tessuto fatto da tantissime microimprese.
NUMERI RECORD, MA IL MODELLO INDUSTRIALE E' TROPPO FRAMMENTATO
Ancora oggi 8 aziende su 10 sono micro-imprese, responsabili del 9,9% del valore aggiunto complessivo del comparto food&beverage. Si distinguono per la produttività le grandi imprese, che rappresentano solo lo 0,3% delll'intero comparto: hanno una produttività di 105.200 euro per addetto, un valore superiore di 1 volta e mezza (1,4) alla media UE-27 e ancora migliore rispetto a Spagna (1,6 volte), Germania (1,5) e Francia (1,2). "La struttura di un'impresa incide sulla sua capacità di affrontare cambiamenti geopolitici, nuove regole e richieste di mercato in rapida evoluzione come quelle che stiamo attraversando" sottolinea Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di TEHA. "E nel settore food&beverage abbiamo rilevato, con una ricerca dedicata, che oggi il 36,5% delle aziende è preoccupato per sostenere l'operatività, dato in crescita di 1,4 punti percentuali rispetto al 2024".
I PRODOTTI TIPICI CERTIFICATI SPINGONO L'EXPORT
Con ben 891 prodotti DOP e IGP, l'Italia è prima in Europa per numero di certificazioni: questo segmento ha generato 20,2 miliardi di euro di fatturato nel 2023, con il vino prodotto leader per valore generato, seguito da formaggi e prodotti a base di carne. Nel loro insieme, le produzioni certificate rappresentano il 10,8% del fatturato del settore food&beverage e contribuiscono per il 19,9% all'export alimentare nazionale. "Le certificazioni - ha aggiunto Benedetta Brioschi, partner TEHA - non solo sostengono l'export, ma rafforzano il posizionamento globale del made in Italy, come dimostra anche il valore medio delle esportazioni agrifood italiane, pari a 254,5 euro per 100 kg, il più alto tra i principali Paesi europei".
E secondo Valerio De Molli, CEO e Managing Partner di TEHA: "Le misure che proponiamo puntano a sostenere l'innovazione e la digitalizzazione, semplificare l'accesso al credito, valorizzare le filiere certificate, promuovere la sostenibilità lungo tutta la catena del valore, attrarre giovani talenti attraverso percorsi formativi più qualificanti e garantire un quadro normativo stabile e favorevole all'impresa. In un momento in cui il futuro del Paese si gioca sulla capacità di affrontare con strumenti nuovi i cambiamenti in corso, l'agroalimentare italiano può e deve diventare un modello di crescita resiliente, digitale e inclusivo. Per farlo è necessario un piano strategico condiviso, basato sui dati, che coinvolga tutta la filiera e guardi lontano".