Osservatorio Smart City PoliMi: nel 2024 il mercato in Italia ha raggiunto 1,05 mld di euro (+5%)

Solo il 4% dei Comuni adotta l’AI nei progetti smart City, il 35% la sfrutterà entro 2 anni. I maggiori investimenti vanno a soluzioni per l’illuminazione pubblica (240 mln €) e Smart Mobility (215 mln €). Metà dei cittadini italiani valuta il proprio comune “insufficiente” nell’accessibilità ai servizi pubblici.

Autore: Redazione InnovationCity

Nel 2024, il mercato italiano delle Smart City ha raggiunto 1,05 miliardi di euro, con una crescita del +5%, inferiore alla media europea (+9%). Le aree principali di investimento sono l’Illuminazione pubblica (circa 240 milioni di euro, 23% del totale) e la Mobilità intelligente (circa 215 milioni di euro, 20% del totale), ma tra le iniziative più diffuse, con investimenti minori, ci sono anche progetti di sicurezza e sorveglianza (adottati dal 27% dei comuni nel biennio 2023-24) e Comunità Energetiche Rinnovabili (sempre 27%).

Al di là degli aspetti economici, le Smart City stanno progressivamente diventando imprescindibili nelle agende delle amministrazioni locali italiane: il 42% dei comuni ha avviato progetti nel 2024 e il 91% vuole farlo nei prossimi due anni. E si stanno affermando come opportunità concreta per coniugare tecnologia e sostenibilità, utilizzando l’innovazione per perseguire obiettivi ambientali, economici e sociali. Nelle sfide del cambiamento climatico, la sostenibilità è una priorità trasversale per le città smart, ma mancano approcci strutturati e regole condivise che consentano una rendicontazione efficace e una valutazione solida degli impatti generati, anche sul piano economico e sociale.

Per quanto riguarda la sostenibilità sociale, metà degli italiani valuta il comune di residenza “insufficiente” sotto il profilo dell’inclusività, dell’accessibilità dei servizi pubblici offerti e del dinamismo economico-sociale. Da un punto di vista della sostenibilità economica, le Smart City stanno identificando progetti in grado di trovare un connubio tra sostenibilità e innovazione. Più di un comune italiano su tre (37%) ritiene le partnership tra pubblico e privato (PPP) molto utili per realizzare progetti Smart City, ma ad ora sono adottate solo da meno di un comune su 6 (16%). Questo, in sentesi, sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano.

“Nell’ultimo anno il mercato della Smart City è aumentato, ma a ritmi più contenuti rispetto agli anni precedenti, confermando un trend di crescita solido, nonostante un contesto incerto - spiega Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio Smart City -. Tuttavia, la frammentazione amministrativa, la carenza di competenze e la dipendenza da finanziamenti straordinari continuano a ostacolare l’efficacia delle strategie integrate. Le città italiane sono chiamate a rafforzare le proprie capacità organizzative, sviluppando strumenti operativi e una visione strategica a lungo termine. In particolare, è fondamentale coinvolgere attivamente i cittadini, promuovendo fiducia, trasparenza e partecipazione”.

Dall’analisi realizzata in collaborazione con BVA Doxa emerge che la sostenibilità è ormai un valore centrale nella vita quotidiana delle persone e solo il 4% dichiara di non avere contribuito con le proprie scelte al miglioramento della propria città. Si tratta, più che altro, di azioni rivolte alla riduzione dei consumi (56%) e alla corretta raccolta differenziata (56%), mentre altri ambiti, come ad esempio, la mobilità sostenibile rimangono ancora difficili da perseguire (23%).

Nella digitalizzazione si evidenzia un digital divide molto forte, soprattutto tra le generazioni più anziane e quelle più giovani. Le app più utilizzate per interfacciarsi con i servizi sul territorio sono quelle legate ai pagamenti digitali (74% Millennial vs 65% Boomers) e alla navigazione delle mappe cittadine (73% Gen Z vs 61% Boomers). Le applicazioni in cui la differenza tra generazioni è più forte sono quelle legate alla mobilità smart (es. sharing, trasporto pubblico, parking) e alla vita sociale (es. sport, scuola).

L’Intelligenza Artificiale è conosciuta dal 92% degli italiani, che si dicono favorevoli, in particolare, all’uso dell’AI per applicazioni legate alla sicurezza pubblica (46%), per il monitoraggio delle emergenze e la gestione dei guasti alle infrastrutture (46%) e, nei grandi comuni per la gestione intelligente del traffico (59%). Tuttavia, i cittadini temono un’eccessiva dipendenza tecnologica (41%) e l’esclusione digitale (39%). Un altro aspetto che preoccupa, soprattutto fra i giovani della Gen Z, è anche la perdita di posti di lavoro a causa dell'automazione.

La ricerca ha evidenziato oltre 496 progetti di adozione dell’IA nei contesti urbani a livello mondiale tra il 2018 e il 2024, con applicazioni legate in particolare a con usi legati in particolare ad analisi immagini e video, elaborazione dei dati e supporto alle decisioni. Il Comune di Messina, ad esempio, ha sperimentato un sistema per ottimizzare lo smistamento dei rifiuti, mentre a Bari l’Acquedotto Pugliese ha integrato algoritmi predittivi nella Control Room per una gestione idrica più efficiente e sostenibile. Un progetto su tre prevede l’impiego di IA generativa, utilizzata ad esempio per valorizzare contenuti culturali o migliorare il dialogo con i cittadini, come nel caso di Julia, il chatbot di Roma Capitale.

Nonostante il crescente fermento, l’adozione dell’IA nei contesti urbani italiani resta ancora limitata: solo il 4% dei comuni ha avviato progetti in materia, principalmente su ambiti come la cittadinanza digitale e la sicurezza urbana, mentre il 35% dichiara l’intenzione di farlo nei prossimi due anni. L’implementazione attuale dell’IA risulta frammentata e senza un’infrastruttura organizzativa solida: solo due comuni su dieci hanno un team interno dedicato e appena uno su dieci ha avviato iniziative informative per la cittadinanza. Tra le criticità che ostacolano la diffusione dell’IA ci sono le preoccupazioni per la sicurezza dei dati e la tutela della privacy, seguite da limiti di governance, risorse finanziarie insufficienti e carenza di competenze tecniche.


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